Gli articoli 186 e 187 del Codice della Strada prevedono e puniscono come reato la guida in stato di ebbrezza e guida in stato di alterazione psico-fisica per uso di sostanze stupefacenti nonché il reato di rifiuto di sottoporsi ai relativi accertamenti. In Italia, il limite alcoolemico è di 0,5 grammi per litro e “tolleranza zero” per i conducenti professionali e per i neopatentati (e di chi ha meno di 21 anni di età). In caso di condanna per uno di questi reati, il giudice può disporre la sostituzione della pena detentiva e/o pecuniaria col lavoro di pubblica utilità ai sensi dell’articolo 54 del Decreto Legislativo del 28 agosto 2000, n. 274, purché l’imputato non si opponga. Nella pratica però – prassi consolidata anche nel Tribunale di Ancona – è oppurtuno manifestare al giudice per il tramite di un difensore la propria intenzione di svolgere i lavori di pubblica utilità anche con una formale richiesta, prima che sia pronunciata la sentenza di condanna. Il lavoro di pubblica utilità consiste nella prestazione di un’attività non retribuita a favore della collettività da svolgere, in via prioritaria, nel campo della sicurezza e dell’educazione stradale presso lo Stato, le regioni, le province, i comuni o presso enti o organizzazioni di assistenza sociale e di volontariato appositamente individuati.
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