In tema di rapporto multilaterale tra minori, genitori e ascendenti (nonni e nonne) si segnala questa recente ed interessante ordinanza resa dalla Suprema Corte di Cassazione, sez. I Civile, ordinanza 5 febbraio – 19 maggio 2020, n. 9145 (Presidente Giancola – Relatore Mercolino).
L’esistenza di una stabile e perdurante relazione affettiva tra l’ascendente del nipote da cui quest’ultimo possa trarre beneficio.
“il giudicato formatosi in ordine al diritto dell’ascendente di mantenere rapporti significativi con il nipote minorenne, ai sensi dell’art. 317-bis c.c., conserva efficacia rebus sic stantibus, in quanto, statuendo su un diritto correlato a situazioni di fatto suscettibili di variazione nel tempo, non preclude un nuovo esame della fattispecie alla luce di circostanze sopravvenute idonee a determinare mutamenti nelle predette situazioni. A tal fine occorre considerare, in particolare, che il riconoscimento del diritto in questione è subordinato, oltre che all’esistenza di una stabile relazione affettiva tra l’ascendente ed il nipote, dalla quale quest’ultimo possa trarre un beneficio sul piano della sua formazione e del suo equilibrio psicofisico, ad una valutazione del giudice avente di mira l’interesse esclusivo del minore, configurabile, come precisato da questa Corte, quando il coinvolgimento dell’ascendente si sostanzi in una fruttuosa cooperazione con i genitori per l’adempimento dei loro obblighi educativi, tale da consentirgli di contribuire alla realizzazione di un progetto educativo e formativo volto ad assicurare un sano ed equilibrato sviluppo della personalità del minore (cfr. Cass., Sez. I, 27/07/2018, n. 19780; 12/06/2018, n. 15239). Mentre il primo presupposto è tendenzialmente destinato a durare nel tempo, salvo che non si verifichino eventi traumatici idonei a determinare un’interruzione del rapporto affettivo, il secondo può andare incontro a mutamenti, in dipendenza di circostanze oggettive o comportamenti dei soggetti coinvolti nella vicenda, tali da rendere non produttiva o addirittura pregiudizievole per il minore la frequentazione dell’ascendente, o comunque da giustificare una modificazione delle modalità di esercizio del diritto.
Nella specie, le sopravvenienze idonee a legittimare la revisione in senso restrittivo delle predette modalità sono state individuate nel deterioramento dei rapporti tra il ricorrente ed i genitori delle minori e nella conseguente condizione di disagio di queste ultime, emersi dalle indagini demandate al Servizio sociale dal Giudice di primo grado ed ampiamente descritti nel decreto impugnato, il quale, confermando la valutazione compiuta dal Tribunale per i minorenni, vi ha ravvisato un fattore di pregiudizio per la serenità delle minori, tale da escludere la fruttuosità della cooperazione del nonno paterno all’educazione ed alla formazione delle stesse. In quanto logicamente e giuridicamente incompatibile con la conservazione dell’efficacia del precedente provvedimento, e quindi con la determinazione delle relative modalità di attuazione, il rilievo conferito a tali circostanze consente di escludere la sussistenza della lamentata omissione di pronuncia in ordine alla domanda proposta in primo grado ed al motivo di reclamo con cui il ricorrente aveva riproposto l’eccezione di giudicato, non risultando sufficiente, ai fini della configurabilità del predetto vizio, la mancanza di un’espressa statuizione in ordine a un capo di domanda o, in sede di gravame, a una censura mossa alla decisione impugnata, ma occorrendo che il giudice abbia completamente omesso di esaminarli (cfr. Cass., Sez. VI, 16/07/2018, n. 18797; 27/11/2017, n. 28308; v. anche, in relazione al giudizio di appello, Cass., Sez. V, 14/01/2015, n. 452; Cass., Sez. III, 25/09/2012, n. 16254).
Quanto poi alla dedotta estraneità delle predette circostanze all’oggetto del procedimento, costituito dalla determinazione delle modalità di attuazione del precedente provvedimento, correttamente la Corte territoriale ha richiamato il principio, costantemente ribadito dalla giurisprudenza di legittimità in tema di provvedimenti riguardanti i minori, secondo cui i relativi procedimenti non sono soggetti ad una rigida applicazione del principio della domanda, in quanto, per esigenze e finalità pubblicistiche, la tutela degli interessi morali e materiali della prole è sottratta all’iniziativa ed alla disponibilità delle parti, ed è sempre riconosciuto al giudice il potere di adottare d’ufficio, in ogni stato e grado del giudizio di merito, tutti i provvedimenti necessari per la migliore protezione dei minori, nonché di esercitare, in deroga alle regole generali sull’onere della prova, i poteri istruttori officiosi necessari (cfr. ex plurimis, Cass., Sez. I, 24/08/2018, n. 21178; 22/05/2014, n. 11412; Cass., Sez. VI, 23/10/2017, n. 25055). I contrasti insorti tra le parti, che avevano peraltro coinvolto anche altri componenti della famiglia, e le ripercussioni di ordine psicologico subite dalle minori, già affette da difficoltà fisiche e/o di attenzione segnalate nella relazione del Servizio sociale, nonché il rischio di destabilizzazione della stessa coppia genitoriale, dovuto all’irrigidimento dei rapporti familiari, mettendo in pericolo la realizzazione del progetto formativo ed educativo al quale il nonno paterno avrebbe dovuto collaborare, si configuravano infatti come fattori sopravvenuti ostativi all’esercizio del diritto riconosciuto dal precedente provvedimento, almeno secondo le modalità da quest’ultimo stabilite, giustificando pertanto non solo il rigetto della domanda proposta dal ricorrente, ma anche l’intervento officioso del giudice, volto a modificare la predetta disciplina al fine di assicurare la compatibilità del mantenimento dei rapporti con il nonno con l’equilibrato sviluppo delle nipoti.
(…)
Il dovere del giudice di valutazione di detti requisiti, nell’interesse del minore.
Rinviando a quanto già detto in ordine alla pertinenza all’oggetto del giudizio dei fatti sopravvenuti posti a fondamento del decreto impugnato, nonché al potere del Tribunale per i minorenni e della Corte d’appello di prenderli in considerazione, anche d’ufficio, ai fini della modificazione del precedente provvedimento, è sufficiente osservare in questa sede che l’eventuale estraneità delle relative informazioni all’oggetto delle indagini demandate al Servizio sociale non ne escludeva l’utilizzabilità ai fini della decisione, trattandosi di elementi comunque attinenti alla materia del contendere e solo formalmente esorbitanti dall’incarico conferito, che, oltre ad essere stati sottoposti al contraddittorio delle parti e ad autonoma valutazione da parte del decreto impugnato, avrebbero potuto costituire oggetto di approfondimenti disposti dal Giudice minorile o dalla Corte d’appello nell’esercizio dei loro poteri istruttori officiosi (cfr. Cass., Sez. lav., 2/05/1990, n. 3615; 24/11/1987, n. 8676; Cass., Sez. II, 11/02/1987, n. 1414).
(…)
il decreto impugnato ha richiamato il principio enunciato dalla giurisprudenza di legittimità, secondo cui il diritto di instaurare e mantenere rapporti significativi con i nipoti minorenni, riconosciuto agli ascendenti dall’art. 317-bis c.c., costituisce una posizione soggettiva piena soltanto nei confronti dei terzi, rivestendo invece una portata recessiva nei confronti dei minori, titolari dello speculare quanto prevalente diritto di conservare rapporti significativi con i parenti: è stato infatti precisato che tale diritto non ha carattere incondizionato, essendo il suo esercizio subordinato ad una valutazione del giudice avente di mira l’interesse esclusivo del minore, e potendo quindi essere escluso o assoggettato a restrizioni qualora non risulti funzionale ad una crescita serena ed equilibrata di quest’ultimo, in quanto la frequentazione con i nonni comporti per lui turbamento e disequilibrio affettivo (cfr. Cass., Sez. I, 25/07/2018, n. 19779; 12/06/2018, n. 15238).
Nella specie, gli elementi idonei a giustificare la revisione in senso restrittivo della disciplina adottata con il precedente decreto sono stati individuati, come si è detto, nei contrasti insorti tra il ricorrente e i genitori delle minori e nel clima aspramente conflittuale conseguentemente instauratosi all’interno del nucleo familiare allargato, che, comportando nelle minori una tensione tra la lealtà nei confronti della coppia genitoriale ed il legame affettivo con il nonno, hanno cagionato una situazione di disagio psicologico reputata pregiudizievole per il loro sano sviluppo, al punto tale da consentire di ridimensionare, nell’ambito di un opportuno bilanciamento con le esigenze affettive ed identitarie soddisfatte dalla frequentazione dell’ascendente, la fruttuosità dell’apporto fornito da quest’ultimo alla loro formazione ed educazione. Significativa in proposito è l’affermazione della Corte territoriale, secondo cui “pur sussistendo il diritto delle minori alla sfera affettiva relazionale con il nonno, solo un mutamento (di cui allo stato non vi è traccia) del contesto complessivo dei rapporti familiari tra gli adulti, che recuperi il rispetto dei ruoli e delle priorità tra i ruoli con riguardo alle minori, può impedire che l’esercizio di quel diritto si tramuti nei fatti nella lesione del ben più pregnante diritto delle minori ad una sana crescita, ad oggi già incrinato per effetto della perdita di spontaneità e per il conflitto di lealtà derivanti dall’essere oggetto di contesa tra i genitori ed il nonno nonché per la perdita di serenità nella coppia genitoriale, fonte potenziale di ulteriore e più grave disagio per le figlie“.
Rapporto multilaterale tra minori, genitori e ascendenti nella giurisprudenza della Suprema Corte di Cassazione
E’ pur vero che, nell’ambito di un rapporto multilaterale, quale quello che s’instaura tra il minore, i genitori e gli ascendenti aventi diritto a mantenere rapporti significativi con il nipote, le dinamiche che segnano l’evoluzione della vicenda non sono mai interamente ascrivibili alla condotta di una sola delle parti, dipendendo in larga parte anche dalle reciproche interazioni, sicchè ciascuno dei protagonisti è tenuto a cooperare fattivamente con gli altri per assicurare il buon esito del progetto formativo ed educativo affidato alla responsabilità di tutti. E’ in quest’ottica che la giurisprudenza di legittimità ha evidenziato la necessità di tener conto, in sede di accertamento del diritto del minore a conservare rapporti significativi con gli ascendenti, anche della condotta dei genitori, riconoscendo la possibilità di ravvisare negli ostacoli dagli stessi frapposti alla predetta frequentazione un comportamento pregiudizievole secondo la previsione degli artt. 330 c.c. e segg., in quanto idoneo a determinare la rescissione di una parte assolutamente significativa della sfera affettiva e identitaria del minore, nella delicata fase evolutiva della formazione della sua personalità (cfr. Cass., Sez. I, 5/03/ 2014, n. 5097). Tale aspetto, tuttavia, non è stato affatto trascurato dal decreto impugnato, il quale, pur dando atto dell’atteggiamento di chiusura manifestato anche dai genitori, in dipendenza della soggettiva attribuzione alle iniziative legali del nonno della finalità di legittimare la moglie nel ruolo di nonna, da essi non gradito, ha ritenuto di dover conferire la prevalenza, nella situazione di conflitto in tal modo oggettivamente determinatasi, all’interesse delle minori a crescere in un clima di serenità, anche a costo di un parziale sacrificio del rapporto con l’ascendente, la cui rimodulazione in senso restrittivo è stata considerata come l’unica soluzione in grado di assicurare la salvaguardia di tale relazione”.
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