«Spetta alla giurisdizione del giudice ordinario e non a quella del giudice amministrativo conoscere della domanda con cui un privato chiede la condanna della pubblica amministrazione a eseguire su un bene pubblico le opere necessarie per eliminare le cause che provocano danni a terzi. Nella relativa controversia, infatti, non è in gioco una posizione di supremazia della pubblica amministrazione che si sia manifestata attraverso atti o provvedimenti, ma è in discussione l’osservanza da parte dell’ente pubblico del generale principio del “neminem laedere”, che si sostanzia, nella specie, nel dovere di sistemazione e di manutenzione dei beni pubblici in conformità con le normali regole di prudenza e di diligenza, al fine di evitare che essi possano recare danno a terzi». Su tutte, Cassazione Sezioni Unite, 11 maggio 2007, n. 10751.

I ‘like’ ad un post discriminatorio su Facebook possono costituire prove sufficienti per considerare il reato di istigazione all’odio razziale.
Integra il reato di cui all’art. 604-bis, comma secondo, cod. pen., l’adesione a una comunità virtuale caratterizzata da vocazione ideologica neonazista, avente tra gli scopi la propaganda e l’incitamento alla discriminazione e alla violenza per motivi razziali, etnici o religiosi e la condivisione, sulle bacheche delle sue piattaforme “social”, di messaggi di chiaro contenuto negazionista, antisemita e discriminatorio per ragioni di razza, attraverso l’inserimento di “like” e il rilancio di “post” e dei correlati commenti, per l’elevato pericolo di diffusione di tali contenuti ideologici tra un numero indeterminato di persone derivante dall’algoritmo di funzione dei “social network”, che aumenta il numero di interazioni tra gli utenti.