L’appaltatore risponde nei confronti del committente per i vizi derivanti da errore progettuale, a nulla rilevando che il progetto sia stato predisposto unilateralmente dal committente o da suoi incaricati. Questa affermazione viene tradizionalmente fondata dalla giurisprudenza ormai consolidatissima della Suprema Corte di Cassazione sul rilievo che l’appaltatore, avendo l’obbligo di adempiere la propria prestazione rispettando i criteri generali della tecnica relativi al particolare lavoro affidatogli, è obbligato a controllare, nei limiti delle sue cognizioni, la bontà del progetto o delle istruzioni impartite dal committente e, ove queste siano palesemente errate, può andare esente da responsabilità soltanto se dimostri di avere manifestato il proprio dissenso e di essere stato indotto ad eseguirle, quale nudus minister, per le insistenze del committente ed a rischio di quest’ultimo. Pertanto, in mancanza di tale prova, l’appaltatore è tenuto a prestare la garanzia per le imperfezioni o i vizi dell’opera, senza poter invocare il concorso di colpa del progettista o del committente, né l’efficacia esimente di eventuali errori nelle istruzioni impartite dal direttore dei lavori. Va da sé che, ove accanto a quella dell’appaltatore, sussista anche una corresponsabilità del direttore dei lavori o del progettista, tutti costoro risponderanno in solido nei confronti del committente, salve le azioni di regresso sotto il profilo interno dell’obbligazione solidale (Cassazione Civile, Sez. 2, n. 8016/2012, Rv. 622409).

Sentenza storica della Corte europea dei diritti dell’uomo: il rifiuto di rapporti sessuali non può essere motivo di addebito nel divorzio
La recente sentenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo del 23 gennaio 2025 segna un punto di svolta fondamentale nella giurisprudenza in materia di diritto