«Secondo un orientamento della giurisprudenza di legittimità che questo Collegio condivide, “quando le condizioni della separazione siano il frutto di un accordo negoziale raggiunto dai coniugi in relazione a fatti dagli stessi conosciuti ovvero dei quali essi avrebbero dovuto tenere legittimamente conto al momento della conclusione dell’accordo (come nella specie), il mero mutamento delle valutazioni che li determinarono a stipulare la convenzione di separazione non può comportare il venir meno della validità della pattuizione pregressa. Ove al contrario si deduca che l’accordo predetto sia frutto di una manifestazione di volontà viziata da circostanze atte ad incidere sulla formazione del consenso prestato da una delle parti, lo strumento a ciò deputato è quello ordinario dell’annullamento del negozio giuridico, non certo la modifica di cui all’art. 710 c.p.c.” (Cass. Civ. Sez. 1 n. 24321 del 2007). Ad avviso di tale orientamento, infatti, le norme generali del contratto, tra cui rientrano quelle in tema di vizi della volontà e di capacità delle parti, sono applicabili alle condizioni di separazione consensuale in forza della natura negoziale di tali accordi e non essendo ravvisabile, nell’atto di omologazione, una funzione sostitutiva o integrativa della volontà delle parti, ma rappresentando la procedura ed il decreto di omologazione condizioni di efficacia del sottostante accordo tra coniugi, salvo che per quanto riguarda i patti relativi all’affidamento ed al mantenimento dei figli minorenni, sui quali il giudice è dotato di un potere d’intervento più penetrante. Gli eventuali vizi del consenso o l’eventuale simulazione devono essere dedotti attraverso l’azione di annullamento contro il decreto di omologa della separazione (Cass. Civ. 4 settembre 2004 n. 17902; Cass. Civ. n. 24321/2007), la cui esperibilità presidia la validità del consenso come effetto del libero incontro della volontà delle parti anche nella materia dei negozi familiari o, per quanto concerne la simulazione, attraverso l’azione di nullità o la revoca ai sensi dell’art.742 c.p.c. (ma sul punto, la giurisprudenza non è unanime; a favore, cfr. App. Bologna 17 maggio 2000; Trib. Bologna 7 maggio 2000).» – Tribunale di Modena, Sezione II, 18 aprile 2012.
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