Con la sentenza n. 25493/2015, che si riporta nell’articolo, la Suprema Corte di Cassazione ha fatto una importante precisazione per quanto riguarda il cosiddetto reato di Stalking Condominiale ovvero quel reato di atti persecutori (comunemente conosciuto come “stalking“) che hanno a che fare con i rapporti di vicinato.
La sentenza della Corte Cassazione n. 25493/2015.
“Per quanto concerne detto reato, la Corte distrettuale ha ricostruito, sulla base di quanto rilevato dal giudice di primo grado, i vari episodi accertati (del 29/04/2009, del 02/05/2009 e del 27/05/2009) e relativi non solo a condotte dell’imputato volte a bloccare l’uscita o l’entrata dell’auto della persona offesa, ma anche ad una serie di ingiurie e minacce alla stessa indirizzate e protrattesi nel tempo”.
Lo stalking prevede eventi alterativi: la modifica delle abitudini di vita ovvero lo stato d’ansia ed il timore per la propria incolumità.
A tal proposito, secondo la Suprema Corte di Cassazione è “Manifestamente infondata è la censura che fa leva sulla mancata prova della modifica delle abitudini di vita della persona offesa: posto che, secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza di questa Corte, il delitto di atti persecutori prevede eventi alternativi, la realizzazione di ciascuno dei quali è idonea ad integrarlo, sicché, ai fini della sua configurazione non è essenziale il mutamento delle abitudini di vita della persona offesa, essendo sufficiente che la condotta incriminata abbia indotto nella vittima uno stato di ansia e di timore per la propria incolumità (Sez. 5, n. 29872 del 19/05/2011 – dep. 26/07/2011, L., Rv. 250399), la Corte di merito ha argomentato sulla base di vari dati probatori, con motivazione non oggetto di censura da parte del ricorrente, il perdurante stato di ansia e di timore prodotto nella persona offesa dalle condotte dell’imputato.
Il ricorso dell’imputato, già condannato in primo e secondo grado, è stato pertanto dichiarato inammissibile.
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