Il dovere di buona fede impone alle parti del contratto di sopportare le conseguenze derivanti dai propri comportamenti che, apparendo inequivoci, siano stati idonei ad ingenerare un legittimo affidamento nella controparte contrattuale. In applicazione di tale principio, la Corte di Cassazione ha stabilito – da un lato – che quando l’appaltatore inizia volontariamente la rimozione dei vizi denunciati dal committente, tiene una condotta che costituisce tacito riconoscimento di quei vizi, e che – senza novare l’originaria obbligazione gravante sull’appaltatore – ha l’effetto di svincolare il diritto alla garanzia del committente dai termini di decadenza e prescrizione di cui all’art. 1667 cod. civ. (Cassazione civile, Sez. 3, sentenza n. 6263/2012, Rv. 622318)
I ‘like’ ad un post discriminatorio su Facebook possono costituire prove sufficienti per considerare il reato di istigazione all’odio razziale.
Integra il reato di cui all’art. 604-bis, comma secondo, cod. pen., l’adesione a una comunità virtuale caratterizzata da vocazione ideologica neonazista, avente tra gli scopi la propaganda e l’incitamento alla discriminazione e alla violenza per motivi razziali, etnici o religiosi e la condivisione, sulle bacheche delle sue piattaforme “social”, di messaggi di chiaro contenuto negazionista, antisemita e discriminatorio per ragioni di razza, attraverso l’inserimento di “like” e il rilancio di “post” e dei correlati commenti, per l’elevato pericolo di diffusione di tali contenuti ideologici tra un numero indeterminato di persone derivante dall’algoritmo di funzione dei “social network”, che aumenta il numero di interazioni tra gli utenti.