La convivenza quale connotato minimo per il riconoscimento del danno morale

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“Il fatto illecito, costituito dalla uccisione del congiunto, dà luogo a danno non patrimoniale, consistente nella perdita del rapporto parentale, consistente nella perdita del rapporto parentale, quando colpisce soggetti legati da un vincolo parentale stretto, la cui estinzione lede il diritto all’intangibilità della sfera degli affetti reciproci e della scambievole solidarietà che connota la vita familiare nucleare. Mentre, affinché possa ritenersi leso il rapporto parentale di soggetti al di fuori di tale nucleo (nonni, nipoti, genero, nuora) è necessaria la convivenza, quale connotato minimo attraverso cui si esteriorizza l’intimità dei rapporti parentali, anche allargati, caratterizzati da reciproci vincoli affettivi, di pratica della solidarietà, di sostegno economico. Solo in tal modo il rapporto tra danneggiato primario e secondario assume rilevanza giuridica ai fini della lesione del rapporto parentale”. Corte Suprema di Cassazione, Terza Sezione Civile, sentenza 16 marzo 2012 n. 4253.

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