«E` dovere e diritto dei genitori mantenere, istruire ed educare i figli, anche se nati fuori del matrimonio». – Art. 30 Costituzione della Repubblica Italiana.
Con il termine famiglia di fatto (anche definita convivenza more uxorio) si indica l’unione stabile e la comunione di vita spirituale e materiale tra due persone, non uniti in matrimonio.
La famiglia di fatto, così come quella fondata sul matrimonio, come nasce così può dissolversi. Al momento dello scioglimento della convivenza possono sorgere problemi relativamente a:
– abitazione familiare;
– contratto di locazione;
– acquisti compiuti durante la convivenza;
– assegno di mantenimento;
– elargizioni effettuate da uno dei conviventi a favore dell’altro;
– rapporto di lavoro nell’impresa familiare;
– assegnazione in tema di edilizia economica popolare;
– diritti successori;
– altri effetti patrimoniali;
– tutela ed affidamento dei figli.
Sebbene – e assi discutibilmente – il nostro ordinamento giuridico tuttora non detta una disciplina specifica della famiglia di fatto, costituisce ormai un dato generalmente acquisito che il rapporto di coniugio e quello di filiazione sono fondati su fatti diversi e indipendenti tra loro: da un lato l’atto di celebrazione del matrimonio, dall’altro la procreazione dei figli. Del pari, è innegabile che il diritto di ogni neonato ad essere educato, istruito e mantenuto dai propri genitori non ha un contenuto diverso a seconda che i genitori siano o meno uniti in matrimonio.
La legge sull’affido condiviso (Legge n. 54 del 2006) prevede a tal fine che le disposizioni della legge si applicano anche in caso di scioglimento, di cessazione degli effetti civili o di nullità del matrimonio,nonché ai procedimenti relativi ai figli di genitori non coniugati.
La normativa quindi sarà applicabile ai giudizi di separazione e di divorzio, sia nell’ambito dei provvedimenti provvisori del presidente o del giudice istruttore che nelle sentenze finali; in tutti i casi di affidamento dei minori; in tutti i procedimenti di modifica o di revisione delle condizioni di affidamento; nell’assegnazione o nella revoca del godimento della casa familiare; nella determinazione dei criteri e l’attribuzione di un contributo per il mantenimento della prole, nella determinazione e nella destinazione degli assegni per il mantenimento dei figli maggiorenni. L’estensione della normativa ai procedimenti relativi ai figli di genitori non coniugati fornisce, in relazione alle medesime situazioni, le stesse regole e gli stessi strumenti previsti per i coniugi separati o divorziati, regole e strumenti che la normativa previgente ignorava o non contemplava compiutamente.
Si noti che, in considerazione dell’interesse del minore, la dottrina, e parte della giurisprudenza, tendono ad affermare che il Giudice può intervenire, non solo in caso di disaccordo (anche potenziale) tra gli ex conviventi ma anche in presenza di un accordo tra i genitori naturali in ordine all’affidamento dei figli e al loro mantenimento.
Infatti un tale controllo comporta non trascurabili vantaggi in termini di stabilità, certezza, non litigiosità dei rapporti tra genitori e figli, che in definitiva si volgono in favore del figlio. Anzi, la giurisprudenza reputa che allorché i partners della famiglia di fatto cessano di convivere e raggiungono un accordo extragiudiziario sull’affidamento e i rapporti parentali, tali accordi vanno comunque sottoposti al Tribunale territorialmente competente per “l’omologa” (es.: per i minori residenti nella provincia di Ancona il ricorso va presentato avanti il Tribunale di Ancona).
Quali decisioni possono essere prese in un accordo di affidamento congiunto?
Un piano di affidamento congiunto è un accordo consensuale che prevede la condivisione delle responsabilità quotidiane da parte di entrambi i genitori, le considerazioni pratiche della vita quotidiana del minore e le modalità in base alle quali i genitori dovranno concordare e consultarsi per quanto riguarda situazioni importanti che coinvolgono i figli.
Che cosa può essere incluso in un piano di affidamento congiunto?
Il piano sarà un atto strettamente legato alle circostanze. Dovrebbe essere pratico, semplice e il più concreto possibile. Un piano di affidamento congiunto può prevedere un qualsiasi aspetto della cura, del benessere e dello sviluppo del minore. Un piano di questo tipo potrebbe prevedere le seguenti indicazioni:
– con chi vive il minore;
– affidamento della casa coniugale (e ciò a prescidere dalla proprietà);
– quanto tempo il minore trascorrerà con ciascun genitore;
– quali accordi dovranno essere presi per occasioni speciali, per es. compleanni e festività;
– mantenimento del minore.
E’ raccomandabile valutare ogni aspetto senza faciloneria (“tanto ci metteremo sempre d’accordo”) né eccessiva pignoleria: un minimo di collaborazione tra i genitori (e un pizzico di buon senso) rimane indispensabile.
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