“Viene dedotto con il primo motivo di impugnazione che non era possibile dare lettura in dibattimento, ai sensi dell’art. 512 codice di procedura penale, delle dichiarazioni della parte offesa (…) Tale deduzione difensiva appare fondata. A norma dell’art. 512 CPP è possibile dare lettura degli atti assunti dalla polizia giudiziaria quando, per fatti o circostanze imprevedibili, ne é divenuta impossibile la ripetizione. Nel caso in esame diversi erano gli elementi che facevano invece prevedere che la parte offesa non si sarebbe presentata in dibattimento a rinnovare le dichiarazioni rese e ciò sulla base di diversi elementi oggettivi. In primo luogo non risultava alcuna residenze o domicilio della parte offesa posto che”, quest’ultimo, “aveva dichiarato che solo da un mese era ospitato presso l’imputato, senza indicare in alcun modo dove fosse ubicato il precedente domicilio; risultava certo che la parte offesa non potesse continuare a risiedere presso l’abitazione dell’imputato, posto che la stessa era stato allontanato e posto che non aveva alcun titolo per rimanervi. Inoltre la parte offesa non risultava identificata con alcun documento e dichiarava egli stesso di essere cittadino extracomunitario privo di permesso di soggiorno (…) Deve esser rilevato che la giurisprudenza della Suprema Corte ha ritenuto utilizzabili le dichiarazioni rese durante le indagini preliminari ai sensi dell’art. 512 CPP in casi di straniere irregolarmente entrate in Italia e prive del permesso di soggiorno, ma per le quali esisteva un radicamento del territorio (Cass. 6636/09), di cittadino straniere che, pur irregolare e pur consapevole di tale sua condizione, abbia da subito cercato contatti di polizia per denunciare il reato (Cass. n. 32616/09), di cittadino extracomunitario, titolare da anni di permesso di soggiorno e domiciliata in Italia (Cass. 17212/08). Da tali pronunce è possibile desumere elementi dai quali poter argomentare la prevedibile rintracciabilità del dichiarante, mentre nel caso di specie plurimi oggettivi elementi, sopra specificati, consentivano di ritenere prevedibile che le dichiarazioni della parte offesa non avrebbero potuto essere ripetute per impossibilità di ritrovarla in tempi successivi. Non a caso le ricerche” di quest’ultimo “sono avvenuto presso l’abitazione dell’imputato, nella quale sicuramente non poteva più dimorare per essere stato allontanato dalla stessa e per non avere nessun titolo per dimorarvi; ciò proprio perché nessun altro specifico riferimento si aveva in ordine alla condizione soggettiva del medesimo (…) Non essendo possibile utilizzare le dichiarazioni” della parte offesa “in quanto non applicabile il disposto dell’art. 512 C.P.P., l’imputato deve essere assolto in quanto, al di fuori delle dichiarazioni in questione, nessun altro elemento probatorio consente di ricondurre all’imputato medesime la casuazione delle lesioni riportate dalla parte offesa”. Così, testualmente, Corte di Appello di Ancona, 31 gennaio 2012, sentenza n. 352.
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