Applicando di fatto il noto principio giurisprudenziale richiamato dalla Cassazione civile, sez. II, 09/04/1984, n. 2277 secondo cui «L’obbligo del mediatore di comunicare, ai sensi dell’art. 1759, comma 1 c.c., alle parti le circostanze a lui note, relative alla valutazione e alla sicurezza dell’affare, che possono influire sulla conclusione di esso, non è limitato alle circostanze conoscendo le quali le parti o taluna di essa non avrebbero dato il consenso a quel contratto, ma si estende anche alle circostanze che avrebbero indotto le parti a concludere quel contratto con diverse condizioni e clausole. Il dovere di imparzialità che incombe sul mediatore è, infatti, violato – e da ciò deriva la sua responsabilità – tanto nel caso di omessa comunicazione di circostanze che avrebbero indotto la parte a non concludere l’affare, quanto nel caso in cui la conoscenza di determinate circostanze avrebbero indotto la parte a concludere l’affare a condizioni diverse», il mediatore, pur non essendo tenuto, in difetto di uno specifico incarico, a svolgere, nell’adempimento della sua prestazione, specifiche indagini di natura tecnico giuridica (come l’accertamento della libertà dell’immobile oggetto del trasferimento, mediante le cosiddette visure catastali ed ipotecarie), per individuare circostanze rilevanti ai fini della conclusione dell’affare a lui non note, è gravato, tuttavia, di un obbligo di corretta informazione, secondo il criterio della media diligenza professionale, il quale comprende, in senso positivo, l’obbligo di comunicare le circostanze a lui note o comunque conoscibili con la comune diligenza che si richiede al mediatore. (…)
A ciò si aggiunga, in senso negativo, il divieto di fornire non solo informazioni non veritiere, ma anche informazioni su circostanze delle quali non abbia consapevolezza e che non abbia controllato, poiché il dovere di correttezza e quello di diligenza gli imporrebbero in tal caso di astenersi dal darle. Qualora, pertanto, il mediatore dia informazioni su circostanze di cui non abbia consapevolezza e che non abbia controllato, le quali si rivelino poi inesatte e non veritiere, si può configurare una sua responsabilità per i danni sofferti dal cliente. A maggior ragione, dunque, il mediatore deve essere riconosciuto responsabile qualora sia a conoscenza di informazioni che siano state sottaciute dal venditore al compratore e non le comunichi a quest’ultimo. Così, Tribunale Parma 23 agosto 2013 n. 1103.
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