«Ai genitori incombe, quale dovere generalissimo, quello di mantenere, istruire ed educare la prole, ai sensi dell’art. 148 cod. civ., può al contrario qualificarsi normale, secondo nozioni di comune esperienza, la necessità di esborsi costanti per l’istruzione, atteso che anche quella pubblica li richiede in misura sempre più notevole in rapporto al grado della scuola od istituzione superiore od universitaria frequentata; e rientra nel novero degli eventi classificabili quali statisticamente ordinari o frequenti pure la necessità di esborsi, di cui è variabile effettivamente soltanto la misura e l’entità in rapporto alla perturbazione dello stato di piena salute, per prestazioni mediche, generiche o specialistiche, attesa la normalità del ricorso a queste ultime, anche solo per controlli periodici o di routine». Così Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 21 aprile – 23 maggio 2011, n. 11316.
I ‘like’ ad un post discriminatorio su Facebook possono costituire prove sufficienti per considerare il reato di istigazione all’odio razziale.
Integra il reato di cui all’art. 604-bis, comma secondo, cod. pen., l’adesione a una comunità virtuale caratterizzata da vocazione ideologica neonazista, avente tra gli scopi la propaganda e l’incitamento alla discriminazione e alla violenza per motivi razziali, etnici o religiosi e la condivisione, sulle bacheche delle sue piattaforme “social”, di messaggi di chiaro contenuto negazionista, antisemita e discriminatorio per ragioni di razza, attraverso l’inserimento di “like” e il rilancio di “post” e dei correlati commenti, per l’elevato pericolo di diffusione di tali contenuti ideologici tra un numero indeterminato di persone derivante dall’algoritmo di funzione dei “social network”, che aumenta il numero di interazioni tra gli utenti.