Che cos’è la querela di falso?
“la querela di falso è l’unico strumento a disposizione di chi voglia contrastare l’efficacia probatoria di un documento, non qualsiasi, ma munito di fede privilegiata, in relazione ad una pretesa che su esso si fondi. La querela di falso è proponibile avverso l’atto pubblico cioè “il documento redatto, con le richieste formalità, da un notaio o da altro pubblico ufficiale autorizzato ad attribuirgli pubblica fede nel luogo dove l’atto è formato” o avverso una scrittura privata riconosciuta. Nel primo caso, salvo querela di falso, l’atto pubblico fa infatti piena prova: 1) della provenienza del documento dal pubblico ufficiale e 2) delle dichiarazioni rese dalle parti e gli altri fatti che il pubblico ufficiale attesta avvenuti in sua presenza o da lui compiuti; nel secondo caso, salvo querela di falso, la scrittura privata riconosciuta fa piena prova della provenienza della dichiarazione dal sottoscrittore.
La firma risultante sull’avviso di ricevimento di una raccomandata è soggetta a querela di falso?
4.2 Preliminarmente va evidenziato che oggetto del presente giudizio di querela di falso è l’avviso di ricevimento della raccomandata n. ### datata ###, spedita da ### al destinatario ###, recante una firma non intellegibile che parte ricorrente contesta sia riferibile al legale rappresentante ###. Nel giudizio di appello nel quale è stata proposta in via incidentale querela di falso, ### ha infatti affermato che la raccomandata non sarebbe stata ricevuta dall’impresa il ###, che il segno illeggibile desumibile dalla copia della cartolina di ritorno non era in alcun modo riferibile alla ditta ### e che ### dichiarava di voler impugnare di falso la firma ovvero la sigla apposta dal destinatario in calce all’avviso di ricevimento (cfr. atto di citazione in appello). La stessa parte ha chiesto quindi nell’odierno giudizio riassunto di accertare e dichiarare la falsità di quella firma con conseguente inefficacia probatoria della raccomandata.
La distinzione tra raccomandata e notifica di un atto giudiziario.
4.3 Sempre in via preliminare è doveroso evidenziare che l’indicata raccomandata ha ad oggetto una lettera inoltrata tra privati con il mezzo del servizio postale. Non viene quindi in rilievo la notifica di un atto giudiziari, né viene in rilievo l’invio di un atto sottoposto al regime di notifica degli atti giudiziari. Tale precisazione è dirimente per escludere che l’agente postale sia un pubblico ufficiale e per escludere conseguentemente la natura di atto pubblico dell’avviso di ricevimento. Occorre infatti distinguere l’invio di una raccomandata con avviso di ricevimento, soggetta esclusivamente al regolamento postale, dall’invio di atti giudiziari. Il Decreto 9 aprile 2001 recante le condizioni generali del servizio postale distingue (art. 18) gli invii raccomandati attinenti le procedure giudiziarie e i procedimenti amministrativi di cui alla legge 20 novembre 1982 n. 890 (notifiche a mezzo ufficiale giudiziario), precisando che agli stessi non si applica il regolamento postale poiché si applicano le regole della legge 890/1982.
Il Regolamento postale.
Tutti gli invii con avviso di ricevimento non rientranti nell’indicata categoria – quale quello sub iudice – sono quindi disciplinati dal regolamento postale che a tal fine stabilisce quanto segue: – l’agente postale è un incaricato di pubblico servizio (Cfr. art. 32 “Tutti gli invii di posta raccomandata sono consegnati al destinatario o ad altra persona individuata come di seguito specificato, dietro firma per ricevuta. Se il destinatario è impossibilitato a firmare, l’attestazione dell’avvenuta consegna è fornita dall’operatore postale, quale incaricato di pubblico servizio”; art. 33 “Il destinatario di un invio a firma con avviso di ricevimento deve sottoscrivere anche l’avviso. Se la sottoscrizione è rifiutata, la prova della consegna è fornita dall’operatore postale, quale incaricato di pubblico servizio”). – al fine di ritenere il plico recapitato, l’agente postale deve recarsi nel luogo indicato e consegnare la posta al destinatario o al familiare e, in caso di impresa, al legale rappresentante o persona incaricata a riceverla (art. 38 “Gli invii di posta sono recapitati alla persona fisica o giuridica destinataria, di regola nel luogo corrispondente all’indirizzo indicato. Il tentativo di consegna viene effettuato per non più di due volte”; Art. 39 Nuclei familiari “Sono abilitati a ricevere gli invii di posta presso il domicilio del destinatario anche i componenti del nucleo familiare, i conviventi ed i collaboratori familiari dello stesso e, se vi è servizio di portierato, il portiere”; Art. 40 Imprese “Gli invii postali diretti a imprese, o comunque indirizzati presso imprese, sono consegnati, all’indirizzo indicato, al titolare delle stesse o al personale incaricato. L’impresa può indicare i nomi delle persone incaricate, inviando all’ufficio postale di distribuzione una comunicazione scritta del legale rappresentante”). – l’agente postale non è onerato del rispetto di ulteriori formalità ed il plico si considera regolarmente recapitato quando è giunto all’indirizzo ed è stato consegnato al destinatario o altri soggetti indicati delle norme (art. 44).
Ne consegue che, sebbene il plico si presuma pervenuto al destinatario, l’attività dell’agente postale non è assistita da pubblica fede, pertanto non si è formata piena prova, superabile solo con querela di falso, che l’agente postale si sia recato sul posto e che la firma apposta sia di ###. L’avviso di ricevimento è elemento costitutivo della presunzione di conoscenza, che è superabile con gli ordinari rimedi e non necessita di querela di falso.
Diversamente, quando l’agente postale effettua una notifica di atti giudiziari o amministrativi, agisce quale pubblico ufficiale (in quanto delegato dall’ufficiale giudiziario) e la sua attività è coperta da pubblica fede. Per tale ragione, egli è tenuto all’osservanza di rigide formalità anche in punto di individuazione del destinatario dell’atto. Pertanto, solo in questo caso, l’attestazione di aver consegnato un plico al soggetto che viene ivi indicato fa fede fino a querela di falso.
La legge 890/1982 (Notificazioni di atti giudiziari a mezzo posta).
L’art. 7 della legge 890/1982 prevede a tal fine rigide formalità: “L’avviso di ricevimento e di documenti attestanti la consegna debbono essere sottoscritti dalla persona alla quale è consegnato il piego e, quando la consegna sia effettuata a persona diversa dal destinatario, la firma deve essere seguita, su entrambi i documenti summenzionati, dalla specificazione della qualità rivestita dal consegnatario, con l’aggiunta, se trattasi di familiare, dell’indicazione di convivente anche se temporaneo”.
Solo in questo caso l’organo notificatore redige un documento pubblico che può considerarsi fidefacente, e quindi atto pubblico agli effetti degli artt. 2699 ss. c.c. e ciò in quanto la legge attribuisce al soggetto abilitato alla notificazione una specifica funzione certificativa e con ciò stesso la capacità di essere fonte di produzione di pubbliche certezze.
L’agente postale che opera non quale delegato dell’ufficiale giudiziario ma secondo le regole ordinarie del regolamento postale non è tenuto all’osservanza di rigide formalità proprio perché quanto da lui attestato non fa piena prova fino a querela di falso.
Ulteriore conferma della sua qualifica si rinviene nel d.lgs 22 luglio 1999, n. 261, laddove all’art. 18 si evidenzia quanto segue: “Le persone addette ai servizi postali, da chiunque gestiti, sono considerate incaricate di pubblico servizio in conformità all’articolo 358 del codice penale. Le persone addette ai servizi di notificazione a mezzo posta sono considerate pubblici ufficiali a tutti gli effetti”.
La relata di notifica e la c.d. “annotazione specifica” sull’avviso di ricevimento.
4.4 Orbene, tanto chiarito, l’agente postale, quale incaricato di pubblico servizio, non è tenuto a redigere una relata di notifica o una annotazione specifica sull’avviso di ricevimento in ordine alla persona cui il plico è stato consegnato: nessuna norma lo impone. L’atto pervenuto all’indirizzo del destinatario deve ritenersi ritualmente consegnato a quest’ultimo stante la presunzione di conoscenza di cui all’art. 1335 c.c. (La proposta, l’accettazione, la loro revoca e ogni altra dichiarazione diretta a una determinata persona si reputano conosciute nel momento in cui giungono all’indirizzo del destinatario, se questi non prova di essere stato, senza sua colpa, nell’impossibilità di averne notizia). L’indicata prova (i.e. impossibilità di conoscenza) può essere fornita in ogni modo e nel rispetto delle preclusioni processuali, nell’ambito del giudizio di merito, e non passa per la proposizione della querela di falso.
Dall’apposizione di una firma sull’avviso di ricevimento – in difetto di altri adempimenti dovuti in capo all’agente postale – si può semplicemente presumere che il plico sia stato consegnato all’indirizzo indicato al legale rappresentante o altra persona incaricata.
Tale presunzione, non assistita da pubblica fede, è superabile fornendo prova contraria.
L’avviso di ricevimento della raccomandata.
L’avviso di ricevimento, nel caso di specie, non venendo in rilievo una attività del pubblico ufficiale, non fa piena prova del fatto che l’agente postale abbia consegnato il plico alla ditta ### e al destinatario in persona ### quale legale rappresentante. Diversamente, se si ritenesse – come non è – che l’avviso avesse fede privilegiata, l’unico strumento per superare tale piena prova sarebbe sì la querela di falso finalizzata a verificare la non riconducibilità della firma illeggibile al ###.
Ma venendo al caso sub iudice la proposizione della querela di falso è strumento del tutto inidoneo a mutare la valenza probatoria dell’atto: l’avviso di ricevimento non è atto pubblico che fa piena prova delle attività compiute dall’agente postale e quindi non vi è fede privilegiata da superare; inoltre, la verifica della non riconducibilità della firma apposta sull’avviso al ### in persona (come richiesto) non determinerebbe accoglimento della querela di falso poiché non viene in rilievo neanche la diversa ipotesi di scrittura privata riconosciuta.
Si è detto infatti, in via preliminare, che la querela di falso è strumento atto a superare l’estrinseco di un atto pubblico o la paternità di una scrittura privata riconosciuta.
Si è escluso che l’avviso di ricevimento della raccomandata sia qualificabile come atto pubblico in quanto l’agente postale che invia raccomandata semplice non è un pubblico ufficiale.
Avviso di ricevimento come scrittura privata riconosciuta?
Si deve escludere altresì che l’avviso di ricevimento rappresenti scrittura privata riconosciuta rispetto alla quale è stata proposta querela di falso per superare la prova della provenienza delle dichiarazioni da chi ha sottoscritto l’atto. Una scrittura privata può dirsi riconosciuta, anche implicitamente, quando la paternità di un documento non viene disconosciuta nella prima udienza o nella prima risposta successiva alla produzione. Nel caso di specie non è stato prodotto nel giudizio di merito un documento la cui paternità è stata ascritta al ### ma un avviso di ricevimento che la controparte ha ripetutamente affermato essere stato sottoscritto in via alternativa dal ### o da addetti alla sua impresa. Ne consegue che poiché la raccomandata si presume conosciuta in quanto giunta all’indirizzo del destinatario e ritirata da questi o da personale incaricato, nell’ambito del giudizio di merito non si è formato alcun implicito riconoscimento della scrittura privata. Infatti l’avviso di ricevimento non è stato attribuito alla paternità di ### (dalla controparte) ma alla sua sfera di conoscenza, concetto ben diverso. E ciò in conformità alla regola secondo cui il plico deve essere consegnato all’indirizzo indicato al legale rappresentante o altra persona incaricata e l’agente postale non ha oneri di redigere una relata di notifica con indicazione delle generalità del destinatario dell’atto.
La conclusione sarebbe stata diversa se fosse venuta in rilievo una notifica di atti giudiziari a mezzo posta. In quel caso, in difetto di menzione di un diverso destinatario – che deve essere precipuamente individuato nella relata – l’avviso di ricevimento, quale atto pubblico, avrebbe avuto fede privilegiata quanto al fatto che la sigla apposta fosse riconducibile al solo legale rappresentante e al fine di superare la prova legale sarebbe stata necessaria la querela di falso.
Il caso sottoposto alla Suprema Corte di Cassazione
Le predette conclusioni sono avallate da una recente pronuncia della Corte di Cassazione che, pur relativa ad un caso concreto differente, è del tutto conferente al principio da applicare al caso di specie. La pronuncia infatti attiene ad una ipotesi di notifica interamente equiparabile all’invio di una raccomandata ordinaria con avviso di ricevimento alla quale è applicabile il regolamento postale e non anche la normativa sulla notifica degli atti giudiziari. Il principio dettato è il seguente: “Nel caso di specie, essendo la notifica della cartella eseguita con le modalità semplificate dell’art. 26 cit., e quindi secondo la disciplina concernente il servizio postale ordinario, essa deve considerarsi ritualmente effettuata essendo stato il plico consegnato all’indirizzo di residenza del destinatario, sicché è irrilevante la circostanza, sostenuta dal contribuente, di non aver sottoscritto l’avviso di ricevimento della raccomandata con cui gli è stata notificata la cartella di pagamento. Analogamente, non rileva la presentazione della querela di falso finalizzata a contestare l’autografia della sottoscrizione apposta sull’avviso di ricevimento della raccomandata, in quanto, ai fini della validità della notifica, è sufficiente che il plico sia consegnato al domicilio del destinatario e che il relativo avviso di ricevimento sia sottoscritto dalla persona rinvenuta dall’ufficiale postale, non essendo necessario che da esso risulti anche la qualità del consegnatario o la sua relazione con il destinatario (Cass., Sez. 5, n. 19795 del 2017) e gravando sul ricorrente l’onere di fornire la prova di essere stato, senza sua colpa, nell’impossibilità di prenderne cognizione”.
In conclusione, la domanda deve essere rigettata in quanto nel caso di specie non viene in rilievo né un atto pubblico del quale si chiede il superamento della fede privilegiata né una scrittura privata riconosciuta di cui si vuole superare la paternità presunta.
La sospensione del procedimento da parte della causa principale.
Giova evidenziare che è erronea l’argomentazione di parte attrice secondo la quale dalla sospensione del giudizio di appello, decisa dalla Corte di Appello, si deve inferire la ammissibilità e fondatezza della querela di falso. Il giudice della causa principale, infatti, deve limitarsi a verificare la rilevanza del documento impugnato nell’ambito del giudizio di merito (e, nel caso di specie, il documento è stato giudicato rilevante ai fini dell’interruzione della prescrizione) ma al giudice della causa principale non è consentito esprimere un giudizio di merito sulla dedotta falsità, scrutinio questo riservato al giudice della querela di falso.
5. Le spese di lite seguono la soccombenza” (cfr. Tribunale di Ancona, Sentenza n. 2/2022 del 03-01-2022, Giudice/firmatari: Corinaldesi Silvia, Marinangeli Martina).