La legge del 28 aprile 2014 n. 67 ha introdotto la sospensione del procedimento con messa alla prova. Già conosciuto nel processo penale a carico di imputati minorenni (art. 28 d.P.R. n. 448 del 1988), l’istituto è ora esteso anche agli imputati maggiorenni ma solo per i reati puniti con la sola pena edittale pecuniaria o con la pena edittale detentiva non superiore nel massimo a quattro anni, sola, congiunta o alternativa alla pena pecuniaria; per i delitti indicati dal comma 2 dell’art. 550 c.p.p. (fra i quali la resistenza ad un pubblico ufficiale, la rissa aggravata, il furto aggravato e la ricettazione); non può essere concessa più di una volta; non può applicarsi al soggetto dichiarato delinquente professionale, abituale o per tendenza. Come la messa alla prova prevista per i minorenni, anche quella per gli adulti, l’imputato viene affidato al servizio sociale per lo svolgimento di un programma di trattamento (che può comprendere, ad esempio, attività di volontariato di rilievo sociale o il divieto di frequentazione di determinati locali) e nella prestazione di condotte riparatorie, volte alla eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose derivanti dal reato, e, ove possibile, anche risarcitorie. Il nuovo istituto prescrive comunque lo svolgimento del lavoro di pubblica utilità, sanzione già prevista per i reati di competenza del Giudice di Pace, dal Testo Unico in materia di sostaze stupefacenti e dal Codice della Strada per i reati di guida in stato di ebbrezza.
Tuttavia, rispetto a queste ultime, la legge n. 67/2014 consiste nella prestazione di una attività non retribuita in favore della collettività, che deve tenere conto della professionalità e delle attitudini lavorative dell’imputato e le cui modalità di svolgimento non devono pregiudicare le sue esigenze di lavoro, di studio, di famiglia e di salute. La sua durata è fissata nel minimo, pari a 10 giorni, ma non nel massimo; ed al giorno non posso essere svolte più di 8 ore di lavoro. La prestazione socialmente utile può essere svolta presso lo Stato, le regioni, le provincie, i comuni e le aziende sanitarie o presso enti od organizzazioni, anche internazionali, di assistenza sociale, sanitaria e di volontariato. Il programma di trattamento – va allegato alla richiesta di sospensione del procedimento -, deve essere elaborato d’intesa con l’U.E.P.E., ossia l’Ufficio di Esecuzione Penale Esterna, e deve comprendere tutte le prescrizioni di cui si compone la messa alla prova: da quelle relative al lavoro di pubblica utilità alle prescrizioni comportamentali (sul luogo di dimora, sulla libertà di movimento e sull’eventuale divieto di frequentare determinati locali); dalle condotte riparatorie e risarcitorie, volte ad eliminare o attenuare le conseguenze del reato, a quelle relative ad una eventuale mediazione con la persona offesa. Decorso il periodo di sospensione del procedimento e ricevuta la relazione conclusiva dell’U.E.P.E. sulla messa alla prova, se il Giudice ritiene che la prova abbia avuto esito positivo dichiara con sentenza l’estinzione del reato; non si estinguono però le eventuali sanzioni amministrative accessorie. Se invece l’esito della messa alla prova è negativo, il Giudice dispone con ordinanza che il procedimento riprenda il suo corso (art. 464-septies, comma 2, c.p.p.); in tal caso l’istanza per la concessione del beneficio in esame non può più essere riproposta. E’ poi prevista la revoca della sospensione del procedimento con messa alla prova in caso di grave o reiterata trasgressione al programma di trattamento o alle prescrizioni imposte, in caso di rifiuto di svolgere il lavoro di pubblica utilità ed in caso di commissione, durante il periodo di prova, di un nuovo delitto non colposo ovvero di un reato della stessa indole di quello per cui si procede (art. 168-quater c.p.).
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