Commette reato il padre apprensivo che non riporta i figli alla ex moglie dopo le vacanze per tutelarli – a suo dire – dal clima ostile che i ragazzi vivono in casa. È quanto si evince dalla sentenza n. 3663 della sesta sezione penale della Corte di Cassazione del primo febbraio 2011 con la quale i Giudici di legittimità hanno confermato la decisione del Tribunale e della Corte d’Appello per le Marche in Ancona, condannando il ricorrente ai sensi dell’art. 388 comma secondo codice penale, per aver eluso il provvedimento del giudice civile che concerna l’affidamento di minori o di altre persone incapaci. Secondo la Suprema Corte, i giudici di merito del capoluogo dorico hanno correttamente affermato che un generico atteggiamento protettivo del padre in tal senso non possa costituire una valida ragione (o meglio, una causa di giustificazione) per sottrarsi all’obbligo, giudizialmente prescritto in sede di separazione consensuale o giudiziale, di riportare i figli presso il genitore collocatario.
I ‘like’ ad un post discriminatorio su Facebook possono costituire prove sufficienti per considerare il reato di istigazione all’odio razziale.
Integra il reato di cui all’art. 604-bis, comma secondo, cod. pen., l’adesione a una comunità virtuale caratterizzata da vocazione ideologica neonazista, avente tra gli scopi la propaganda e l’incitamento alla discriminazione e alla violenza per motivi razziali, etnici o religiosi e la condivisione, sulle bacheche delle sue piattaforme “social”, di messaggi di chiaro contenuto negazionista, antisemita e discriminatorio per ragioni di razza, attraverso l’inserimento di “like” e il rilancio di “post” e dei correlati commenti, per l’elevato pericolo di diffusione di tali contenuti ideologici tra un numero indeterminato di persone derivante dall’algoritmo di funzione dei “social network”, che aumenta il numero di interazioni tra gli utenti.